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La pace è possibile, ma ci vuole coraggio!

Autore:
P. Samir Khalil Samir s.j.
Fonte:
ANSA
Israele-Libano: padre Samir, terrorismo anche da Israele/ansa
La pace richiede più coraggio che fare guerra o farsi saltare (di Franca Giansoldati) (ANSA) - Città del Vaticano, 3 agosto 2006

La pace è possibile, ma ci vuole coraggio!
Perché chiamare Hamas o Hezbollah ‘terroristi’? “Si chiamavano forse terroristi i partigiani che facevano saltare i convogli nazisti?”
Padre Samir Khalil Samir, gesuita egiziano, docente di islamologia a Beirut e islamologo a livello internazionale, guarda il conflitto israelo-libanese invitando a riflettere su quanto sta accadendo aldilà di ogni cliché.
“Per rimanere in tema di terrorismo, non c’è dubbio che gli atti di Hezbollah sono terroristici. Ma perché non ci si domanda se il bombardamento dei civili con gli aerei non è un atto terroristico? Tenuto conto dei mezzi e degli effetti, gli ultimi sono più gravi dei primi”.
Se a padre Samir si fa osservare che Israele lo fa per difendersi, il gesuita (che l’anno scorso ha tenuto una lezione sull’Islam a Castelgandolfo al Papa) in un’intervista all’Ansa risponde che Hezbollah dice esattamente lo stesso: per difendere la terra palestinese invada illegalmente da più di 39 anni.
“Hezbollah è nata dopo l’invasione del Libano del 1982. La causa, dunque, è chiaramente l’invasione del Libano da parte di Israele. Cosicché, se si dice che Hezbollah è un movimento terroristico, allora anche Israele, in questa ottica, non è da meno”.
“Purtroppo Israele e gli USA hanno preso l’abitudine di parlare di terroristi quando si rivolgono ad Hamas o a Hezbollah, senza vedere che cosa c’è dietro. Che vogliono solo difendere il loro mondo, la Palestina, occupata da quasi 40 anni”.
Padre Samir insiste su un punto:
“La pace arriverà solo se basata sulle risoluzioni internazionali e sul riconoscimento delle frontiere internazionali come definitive e intoccabile. Attualmente, Israele occupa gran parte del territorio palestinese, buona parte della Siria, e le Fattorie di Shebaa rivendicate dal Libano; mentre nessun Paese arabo occupa né ha mai occupato un solo metro quadro d’Israele.
I Paesi arabi devono riconoscere Israele nelle sue frontiere internazionale, e Israele deve riconoscere i Paesi limitrofi nelle loro frontiere internazionale. Fintanto che la Comunità internazionale eviterà di affrontare il problema dei confini, in Medio Oriente non ci sarà pace. Servono accordi globali multilaterali, sotto controllo internazionale: nessuno puo’ fidarsi degli altri”.
Quanto alla pace in Libano, prosegue nel ragionamento padre Samir, “come si fa a non considerare che in Medio Oriente c’è guerra da più di 50 anni, perché le potenze hanno deciso di dare agli Ebrei una terra abitata da secoli da Palestinesi (musulmani, cristiani ed ebrei), come compenso per la Shoah, e che c’entravano i Palestinesi con la Shoah?
Non è che si è deciso questo perché d’una parte c’era un sentimento di colpa verso gli Ebrei, e d’altra parte chi l’ha deciso erano di cultura biblica ed era sensibile ad argomenti religiosi e non politici, e che in fine i Palestinesi erano deboli? Paradossalmente, la creazione e la difesa dello Stato d’Israele si basa su un concetto di razza e di religione, concetto che ha portato allo sterminio degli Ebrei!”
Alla domanda se la pace è possibile, risponde Padre Samir:
“Certo che richiede molto più coraggio che fare guerra o farsi saltare in aria! Ma la prova che è possibile è che figure autorevole come Yossi Beilin, ex ministro nel governo laburista, e Yasser Abed Rabbo, fino a tempi recenti ministro dell’Autorità palestinese, hanno firmato a Ginevra il 1° dicembre 2003 un accordo con proposte concrete per una pace duratura, un documento dettagliato di 50 pagine.
La pace è l’unica via possibile, ed è desiderata da israeliani e palestinesi, ma non può essere che nella legalità internazionale, e ciò suppone la rinuncia ai comprensibili sogni territoriali sia dei palestinesi che degli israeliani”.
(ANSA).