Premessa sulla "Questione Sindone"
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La lettura della saggistica sulla Sindone di questi ultimi vent'anni è riassumibile nella battaglia tra il concetto di reliquia e quello di immagine.
Se la Sindone ora a Torino fosse presentata semplicemente come una pia raffigurazione della Passione, morte e sepoltura di Gesù (una sorta di "pietà pittorica") nessuno avrebbe nulla da dire. Ma viene presentata come reliquia.
Già al suo primo apparire storicamente certo suscita esattamente questa obiezione, tanto che l'antipapa Clemente VII il 6 gennaio 1390 emana una Bolla in cui autorizza l'estensione imponendo di affermare esplicitamente ai fedeli che non si tratta della vera Sindone ma di una pictura seu tabula (sostituita poi con figura seu rapresentatio) (2).
La differenza tra un'immagine ed una reliquia non è per nulla banale: se poi tale reliquia (letteralmente "ciò che resta") pretende di essere direttamente di Nostro Signore Gesù Cristo, la questione assume contorni inquietanti.
Dal suo apparire la guerra è scoppiata: ciò che colpisce è il desiderio dei vari contendenti di arrivare alla parola definitiva, di portare la prova decisiva per dichiararla "falsa" o "vera".
Se in un primo momento (cioè nel 1300) la discussione era su questa reliquia, nel tempo la discussione su questa reliquia è diventata semplicemente la discussione sulle reliquie. La tesi è semplice (3): le reliquie riferite a Gesù non potrebbero resistere alla prova della scienza che dimostrerebbe la loro falsità. Poiché la Sindone è la reliquia più nota e studiata, dimostrarne la falsità significa colpire al cuore l'idea stessa di una possibile esistenza di qualche segno storico della presenza e della vita di Gesù di 2000 anni fa.
D'altra parte - culmina la tesi - non abbiamo bisogno di reliquie per credere: sbaglia la chiesa a proporci un culto di questo tipo.
La prima questione è dunque rivolta al tema reliquie e immagini.