La sindone di Torino
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È necessaria una prima ricognizione sommaria, ma precisa, sul reperto (7).
"La Sindone è un lenzuolo di lino, oggi di colore giallastro, rettangolare, applicato e cucito su una tela bianca d'Olanda, a sua volta applicata su una tela rossa, con una bordatura azzurro-violetta, contenente nel suo spessore delle lamine metalliche. La tela bianca d'Olanda è stata applicata dalle suore Clarisse di Chambéry (dopo l'incendio di Chambéry del 1532) nel 1534; la tela rossa nel 1868 dalla principessa Clotilde di Savoia, sposa del principe Gerolamo Napoleone, in sostituzione di una tela nera pure applicata dalle Clarisse di Chambéry. Si suppone che le lamine metalliche servissero a mantenere distesa la Sindone al momento delle ostensioni manuali.
Misura 4,36 m di lunghezza e 1,10 m di larghezza: queste sono le sue attuali dimensioni. Il 27 maggio 1898, tre giorni prima dell'inizio della più celebre delle ostensioni, la Sindone venne accuratamente misurata dalla principessa Maria Clotilde che annotò i seguenti dati: altezza del puro lino bianco 1,095 m; altezza compreso il bordo 1,155 m; altezza del bordo grande 0,05 m; altezza del bordo piccolo 0,01 m; lunghezza del puro lino bianco 4,345 m; lunghezza compreso il bordo 4,395 m; altezza del bordo sia dalla parte della fronte come dalla parte del dorso 0,025 m; altezza della venerata immagine dalla parte della fronte 1,95 m; altezza dalla parte del dorso 2,02 m; distanza tra le due impronte della testa 0,18 m. Questi dati sono stati ripresi da don Pietro Coero Borga che li ha pubblicati su «La S. Sindone - Circolare trimestrale a cura della Cappella della Sindone - Torino - gennaio 1967».
In origine la Sindone era certamente più ampia, seppure di poco. È un lenzuolo tessuto in un unico pezzo su cui si scorge una tenue, doppia immagine frontale e dorsale di un corpo umano che ha subito torture e lesioni varie e presenta inequivocabili ferite al polso sinistro e ai piedi. In prossimità di uno dei lati maggiori - il superiore nella Sindone disposta come vuole la tradizione e cioè con l'immagine anteriore a sinistra di chi guarda - il Lenzuolo presenta una cucitura con «costura a cordoncino» (De Lorenzi) dell'altezza di 4-5 mm; la striscia aggiunta - incompleta nel tratto terminale e in quello iniziale, ove è stata sostituita con tessuto diverso - è alta circa 8 cm e varia in certi punti da 7,8 a 8,4 cm. Non si conosce il significato della cucitura; forse un tempo il margine contiguo era stato ripiegato su se stesso e cucito per infilarvi un bastone al momento dell'ostensione. Su due linee distanti circa 35 cm dai lati maggiori ci sono due serie quasi simmetriche di bruciature coperte da toppe a forma di triangolo.
La descrizione di tutti questi particolari si rende necessaria in quanto essi sono come i tasselli di un mosaico; conoscerli significa ricostruire una parte molto importante dell'antico mosaico storico della Reliquia. Precedentemente all'incendio di Chambéry la Sindone, prima di essere deposta nell'urna che la custodiva, veniva piegata come all'incirca fanno ancora oggi le massaie quando ripongono un lenzuolo: due volte piegata per lungo - una dal basso verso l'alto e l'altra dall'alto verso il basso - così da ricavarne una striscia di quattro strati di tessuto; quindi altre piegature - due da sinistra e una da destra - così da ridurla di un quarto della lunghezza; infine altre piegature fino ad ottenere dodici quadrati sovrapposti di quattro strati ognuno: in tutto 48 ripiegature.
Dopo l'incendio, col trascorrere degli anni si è capito che quel metodo avrebbe deteriorato irreparabilmente l'antichissimo tessuto. Da qui il passaggio alla successiva tecnica dell'avvolgimento su una specie di rullo, metodo che fino al 1969 viene eseguito rotolando l'immagine all'interno. Nel corso della ostensione «tecnica» del 1969 gli studiosi riscontrano, però, che il tessuto è marcato da alcune pieghe. Per questo motivo la Sindone viene riavvolta con l'immagine all'esterno, il che provoca un diverso atteggiamento delle piegature. Una nuova piega però minaccia di deturpare proprio il volto dell'Uomo della Sindone.
Sulla Sindone si osservano due impronte di corpo umano, disteso supino, rispettivamente quella anteriore o facciale, e quella posteriore o dorsale, accostate l'una all'altra per il vertice del capo, ma separate da un intervallo definito dal Gedda «spazio epicranico». Tale spazio, libero da tracce colorate - a parte quelle chiaramente provocate dall'acqua dello spegnimento dell'incendio del 1532 - sarebbe stato lasciato, sempre secondo il Gedda, da una fascia passante sotto la mandibola (mentoniera) e annodata al vertice. Le impronte della struttura somatica dell'Uomo della Sindone spiccano sul fondo giallastro del tessuto in due diversi colori: color seppia, debolmente sfumato e senza contorni netti, che riproduce le parti corporee; color rosa che invece riproduce formazioni di natura ematica, accertate dopo il 1978. A questo proposito si richiama l'attenzione dell'osservatore su un particolare molto interessante: le impronte somatiche della Sindone si comportano come negativi fotografici, mentre le macchie ematiche si comportano come le normali «macchie» fotografate «positive». La consuetudine e la tradizione iconografica pongono a sinistra dell'osservatore l'impronta anteriore o facciale - e questa disposizione appare già nella miniatura di Cristoforo Duch del 1559, che è la più antica rappresentazione di ostensione fino ad oggi nota. E la grande maggioranza delle riproduzioni successive si è adeguata a tale forma per cui l'impronta della parte anteriore della struttura somatica dell'Uomo della Sindone è quella che si trova a sinistra di chi osserva.
Per non commettere errori è bene, quindi, prestare attenzione nell'osservazione delle impronte sindoniche; se, infatti, il tessuto della Sindone reca - come d'altronde scontato - una impronta negativa di corpo umano, ne deriva che, immaginando la Sindone distesa al suolo nella sua interezza, un osservatore, che la esamini ritto di fronte al lato minore, vedrà alla sua destra l'impronta della metà destra dell'Uomo della Sindone ed alla sua sinistra l'impronta della metà sinistra. Se poi l'osservatore si porta a riguardare la Sindone distesa dal lato minore a destra, egli vedrà alla sua destra l'impronta della metà sinistra della parte posteriore del corpo ed a sinistra l'impronta della parte destra.
Un primo raffronto medico tra l'impronta facciale e quella dorsale mostra una diversa lunghezza; secondo le misurazioni del Vignon la prima è lunga 200 cm, mentre la seconda è 205, di cui 187 dal vertice del capo ai talloni. La differenza è stata posta in relazione alle particolari modalità di avvolgimento del cadavere nel telo, alla iperestensione dei piedi, chiaramente evidente sull'impronta posteriore, dove si scorge l'immagine del piede destro, in pratica completa, ed al fatto che l'impronta anteriore non comprende, invece, traccia di piedi. Si ritiene che il cadavere, che ha lasciato le due impronte, sia stato disteso su una metà della Sindone, poi ribaltata al di sopra del capo e fino all'altezza dei piedi, sui quali era stato in precedenza rivoltato un breve tratto del bordo inferiore - così da occultare il dorso. D'altro canto la parte anteriore dev'essersi adattata dolcemente al corpo - come avviene per una tela nuova o per semplice gravità o perché aggiustata manualmente - in modo da seguire blandamente e in modo disuguale le sporgenze e le rientranze; e ciò, forse, ha distorto lievemente le impronte, ad esempio, in regione pettorale destra e a livello degli avambracci che paiono lievemente arcuati.
Alcuni autori, sulla scorta della traduzione di alcune parole dell'evangelista Giovanni, ritengono che la Sindone fosse assicurata al cadavere con bende sovrapposte, per esempio, al collo, alla vita, alle ginocchia e alle caviglie; non ci sono documentazioni probatorie in questo senso. L'impronta anteriore mostra il capo e il volto contornato da lunghi capelli, con baffi e barba bipartita; la massa dei capelli a sinistra è più marcata che a destra, il che suggerisce un'inclinazione del capo verso quel lato nel momento supremo della morte. Si osservano distintamente la fronte, le arcate sopracciliari, gli infossamenti orbitali, la piramide nasale e le parti laterali delle guance. Sui capelli e sul viso si scorgono macchie rosa, la più caratteristica delle quali è una formazione medio-frontale a «3». A colpo d'occhio la disposizione dell'impronta consente di verificare se una riproduzione della Sindone è in positivo o in negativo; nel positivo, infatti, essa appare come un «3» rovesciato, mentre nel negativo si legge la cifra «3».
I tratti del volto dell'Uomo della Sindone suggeriscono l'esistenza di numerose lesioni. Ricordando sinteticamente quanto hanno accertato e dichiarato G. B. Judica Cordiglia e il professore Luigi Gedda, si tratta di tumefazioni della regione nasale nei suoi tratti intermedi, della guancia destra al di sotto dell'occhio (di forma pressoché triangolare), della guancia destra nella parte inferiore (in forma analogamente triangolare), del labbro superiore e della regione mandibolare, quasi in continuazione con quella sovrastante la guancia. Non vi è impronta del collo; le regioni pettorali sono ben disegnate così come le sottostanti regioni del tronco; vi si osservano numerose lesioni da flagellazione. All'emitorace destro spicca l'immagine di una ferita dalle dimensioni di cm 4,5x1,5, cui corrisponde una chiazza di sangue di cm 15x6.
Degli arti superiori sono visibili i due avambracci e le mani, incrociate a livello del pube. Poiché la mano sinistra è sovrapposta al polso destro, quest'ultimo non è visibile; in corrispondenza del polso sinistro e della faccia dorsale dei due avambracci sono evidenti impronte ematiche. L'impronta delle due mani non mostra il pollice. L'impronta degli arti inferiori è ben disegnata: vi si osservano la faccia anteriore delle due cosce, le regioni rotulee e il terzo prossimale delle gambe; anche qui immagini di lesioni da flagellazione e, in corrispondenza delle regioni rotulee, lesioni contusive di diversa natura. I piedi non sono visibili; si osservano solo delle macchie irregolari ematiche in corrispondenza del collo del piede destro.
L'impronta posteriore mostra il capo, ricco di colature ematiche, i due muscoli trapezi assai sviluppati; e, successivamente, tutta la faccia posteriore del tronco, fino ai glutei. Spicca il rilievo delle apofisi spinose, l'esistenza di due chiazze in regione scapolare e la presenza di moltissime lesioni da flagellazione; in corrispondenza della regione lombare-laterale ci sono colature trasversali di sangue.
La faccia posteriore degli arti inferiori è ben visibile nei suoi diversi dettagli (cavi poplitei, cosce e caviglie); anche qui si notano numerose lesioni da flagellazione. Sono ben evidenti i piedi, soprattutto il destro, che mostra due distinte colature di sangue, rispettivamente dirette verso la punta del piede e verso il calcagno. Nella parte centrale della pianta spicca un'area più scura, che è la ferita del chiodo: confrontando fotografie a diverso ingrandimento, è possibile indovinare il margine posteriore del calcagno e le cinque dita. Poiché la macchia di sangue in corrispondenza del calcagno si è riprodotta specularmente, si deve arguire che la Sindone in quel punto era ripiegata. Il piede sinistro ha lasciato l'impronta del calcagno, in corrispondenza del quale vi sono macchie irregolari di sangue.
Durante il II Congresso nazionale della Sindone - dall'1 all'8 ottobre 1978 -, che ha concluso la storica ostensione celebrativa del IV centenario della visita alla Sindone in Torino di san Carlo Borromeo, fra le tante indagini, eseguite specialmente dagli studiosi americani dello S.T.R.P. - Shroud of Turin Research Project - merita particolare menzione quella fatta dal professore Giovanni Riggi di Numana, membro italiano dello S.T.R.P. Con un particolare divaricatore, da lui stesso ideato e costruito, dotato di speciale oculare, ha osservato per la prima volta il retro del lenzuolo facendo passare l'apparecchio tra il tessuto di lino e la tela d'Olanda, sulla quale il lino sindonico era stato accuratamente cucito dopo l'incendio del 1532 a Chambéry. A conclusione di questa indagine il professore Riggi ha dichiarato l'inesistenza di immagine somatica sul «recto» della Sindone, confermando la sola presenza di macchie ematiche là dove il sangue, sgorgato abbondantemente dalle ferite, ha trapassato il tessuto."
Avevamo precedentemente citato la Bolla dell'antipapa Clemente VII del 1390 che parlava di una sorta di "rappresentazione" della vera Sindone di Gesù. In capo a poco più di un centinaio di anni (nel 1506) Papa Giulio II approva il culto pubblico e l'Ufficio liturgico della Sindone (con un formulario proprio per la S. Messa) ponendone la festa il 4 di maggio (8).
Nelle orazioni della Messa è indiscutibile l'assoluta mancanza di qualsiasi dubbio sull'autenticità della reliquia.
Dunque la Sindone di Torino viene proposta come reliquia almeno dalla liturgia della Chiesa, pur non essendosi - la chiesa - mai pronunciata sulla sua autenticità.
Si narrano persino miracoli ad essa collegati (9).
Sarebbe necessario ora un capitolo particolare sulle altre sindoni, alcune ancora visibili, altre andate distrutte. Una cosa è certa: nessuna di quelle attualmente disponibili può essere neppure lontanamente paragonata a quella di Torino (e questo lo si comprende maggiormente a partire dai dati - comunque li si voglia interpretare - dell'analisi scientifica: la Sindone di Torino è unica nel suo genere) (10).
L'esistenza testimoniata dalla storia di molte "sindoni" rende però difficile collegare meccanicamente ogni citazione o allusione alla "sindone" proprio a quella oggi a Torino (11).
Fino a qui tutto regolare: storia di una ordinaria reliquia dichiarata nei fatti autentica dalla chiesa e ovviamente falsa dai contrari. In fondo - la tesi è sempre questa - quale reliquia potrebbe resistere anche ad un solo serio esperimento scientifico?
Risposta: la Sindone di Torino.