“La domenica uliva” 5 – La solitudine del Figlio
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Nell'anima del Figlio invece «CERCA DI PRENDERVI POSTO LA PAROLA NON DETTA». (28) La sua voce, la sua «parola poetica è pronunciata come in delirio e fa soffrire nel corpo e nella mente, perché la conoscenza è dolore». (29)
FIGLIO
Etèrne `a múr
ju pai pràs scúrs
la trista vós
che jo sospìri.
(...) Dùcis lis sèris
la sint che múr
pai vècius múrs
e pai pràs scúrs (30)
La scoperta di una lingua poetica liberata «ta un còur cialt di peciàt» (31), come afferma la Madre,
(... ) no bàste
a fati còme i pàris (...).
Par chìstu, chèl ch'jo `i dis,
fis, dis davòur di mè. (32)
A questo punto, il dialogo si apre ad una tensione lirica e il Figlio comincia ad intonare con la Madre una preghiera, come se accettasse la necessità del rito e della ripetizione, “l'immobilità del mito che la MADRE rappresenta”. (33)
Ma l'invocazione, «gli scongiuri (...), con frasche di ulivo» (34), sono solo un grido rassegnato a Cristo in cui «cìant e plant» coincidono, quasi un canto onirico che «tal còur da la ciera» (35) Madre e Figlio vanamente rivolgono al «Pari nustri ontàn, ta la mari dal sèil». (36)
Nel finale il Figlio, «unico, sconosciuto Demonio» (37) , rimasto solo nel paese, riafferma la propria alterità; le preghiere non possono salvare le pulsioni viscerali dell'io:
FIGLIO
S'a plúf un fúc
Scur tal mè sèn
Tu clàmis, Crist,
E SÈNZE LUM. (38)
Ciò che ci sembra riecheggiare quello che Pasolini scriverà qualche anno più tardi nel racconto autobiografico intitolato “Gli angeli distratti”:
“(...) i fuochi artificiali (...) illuminavano di rosso e di verde la piazza (...) con i suoi festoni di bandierine immobili. Delle luci gialle si infrangevano contro la facciata della Chiesa (...). Veleni turchini, verdastri, violetti - immondizia di luce - si rifugiavano negli angoli morti della piazza sorvolando sulla folla contenta. (...) Le bandierine giallette, viola, cineree, verde pisello, smeraldine (...). Nell'aria blu, senza brividi, esse pendevano morte e lucide, come se fossero state di latta. E sotto la gente passava con voci irreali, lontanissime, d'altri tempi ...Solo la neve riesce a dare una simile verginità al paesaggio: il suo candore favoloso, somiglia certo poco alle tinte artificiali di quella carta velina, dipinta rozzamente con i colori dell'iride”. (39)
Solo la sua voce, solo la parola poetica, come la neve, può restituire la «luz» anche a quel «credulo cattolicismo» (40) che gli uomini predicano in «Glisie grise» (41).
NOTE
28. Cfr. Orgia, cit., p. 254.
29. Cfr. ANNA PANICALI, Le voci e la parola, in AA. VV., Pier Paolo Pasolini. L'opera e il suo tempo, cit., p. 179.
30. Cfr La domenica uliva, cit., p. 190. Trad.: "Eterna muore / per i prati scuri / la triste voce / che io sospiro. // (...) Tutte le sere / la sento che muore / per le vecchie mura, / per i prati oscuri".
31. Cfr. Cansion, in PASOLINI, Tutte le poesie, tomo I, cit., p. 98. Trad.: "(...) in un cuore caldo di peccato".
32. Cfr. La domenica uliva, cit., p. 191. Trad.: "(...) non basta / a farti uguale ai padri (...) / Per questo, quello ch'io dico / figlio, ripeti dietro di me".
33. FRANCESCA CADEL, La lingua dei desideri, cit., p. 103.
34. Orgia, in PASOLINI, Teatro, cit., p. 255.
35. Cfr. La domenica uliva, in PASOLINI, Tutte le poesie, cit., p. 41. Trad.: "(...) dal cuore della terra".
36. Cfr. ibid., p. 41. Trad.: "Padre nostro lontano / nella matrice del cielo".
37. Gli angeli distratti, in «Libertà», 19 aprile 1947; ora in P. P. PASOLINI, Un paese di temporali e di primule, cit., p. 123.
38. Cfr. La domenica uliva, cit., p. 192. Trad.: "Se piove un fuoco / scuro nel mio petto, / tu chiami, Cristo, / E SENZA LUCE".
39. Gli angeli distratti, cit., pp. 124-125.
40. Quello lì è il mio padrone, in «La stretta di mano», numero unico della S.O.M.S.I., 31 agosto 1947; ora in Un paese di temporali e di primule, cit., p. 147.
41. Pastorela di Narcis, in PASOLINI, Tutte le poesie, tomo II, cit., p. 472.