Pasolini in Friuli 10 – Pasolini apre una scuola privata
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
Abbiamo voluto vedere alla base di questo desiderio il primo emergere della sua vocazione pedagogica, che da questo momento, sarà una dimensione essenziale della sua esistenza. Un attaccamento profondo alla vita, alla realtà, tanto più quanto il presente si mostrava perduto e privo d’attese. «Un attaccamento cioè reso ancora più bruciante dal disincanto» (82)
Nell’autunno del ‘43, quando i Tedeschi scendono nel Friuli assoggettandolo alle loro leggi di guerra col nome di “Litorale Adriatico”, i pericoli della guerra sono diventati più incombenti. Per gli studenti che frequentano le scuole di Pordenone ed Udine diventa estremamente difficoltoso e rischioso il viaggio; così Pasolini, con alcuni amici, apre a San Giovanni (a due chilometri da Casarsa) una scuola privata.
“Anche il treno ti porta nel mezzo
di una guerra che ormai è qui (...)
le mani sulle orecchie per non sentire
urla e fischi laceranti
quando gli aerei se ne vanno
risali sul treno e cerchi la cartella
lasciata sul sedile come pegno
per il ritorno (...)
La strada per Udine ormai è chiusa
non vale la pena morire
per un po’ di greco e di latino
ma ecco che nasce una scuola
S. Giovanni è Pierpaolo con Giovanna
Riccardo Cesare che si inventano
professori di latino greco italiano
inglese matematica... (...)” (83)
L’iniziativa scolastica è un luogo favorevole per far emergere quel prezioso linguaggio friulano in cui, dopo studi linguistici e filologici (84), aveva riconosciuto un nuovo strumento poetico.
Pasolini legge ai sui giovani discepoli le poesie dei più alti esponenti della letteratura italiana, ma ciò che più gli sta a cuore è trasmettere loro la sua stessa passione per «quella lingua che li ha svezzati» (85), «la lingua che hanno parlato fin da piccoli nella loro famiglia e nel loro paese, nelle mani della loro madre» (86). Così Ovidio Colussi testimonia il suo incontro con Pasolini, “maestri di puisia”:
“A la fin di otobri - doma dopu qualche setemana di lessino - il Pieri Pauli al à scuminsiat a spiegani che `l furlan `a è na lenga (...), il furlan al ven four, dret, dal latin. Ch’à noi bisogna vergognassi a tabajà furlan. “Tabajà furlan al è tabajà latin“. (87)
“Nu studens, una setemana dopo, quant ch’al ni à invidat a scrivi un alc in furlan, i vin tacat a domandà milanta di robis: coma si scrivia, ponemo scjiavassà, sciala e via discurint.
“Scriveit coma ch’à vi capita. L’ impuartant al è ch’i scrivesi“ (88)
Questo è l’unico punto positivo a cui ancorarsi, l’unico motivo per cui rimanere attaccati a questa terra, dove «tutto puzza di spari, tutto fa nausea». (89)
Un improvviso veto burocratico del provveditore agli studi di Udine fa chiudere la «scuoletta» di San Giovanni, ma quest’ennesima difficoltà non può sminuire la sua dedizione per i ragazzi, il suo amore per la letteratura, la sua «passione per la vita, per la realtà, per la realtà fisica (...), esistenziale» (90) attorno a sé. Pasolini continua ad insegnare, anche in condizioni precarie, a Casarsa, nella sala da pranzo di casa sua.
NOTE
82. Cfr. il saggio di Lorenzo Capitani dal titolo Poesia in forma di scuola, in AA. vv., Pier Paolo Pasolini. Educazione e democrazia. Atti del Convegno omonimo, 3 marzo 1995, p. 41.
83. BRUNO BRUNI, Il ragazzo e la civetta, Campanotto Editore, Udine 1993, p. 15.
84. “(…) mi parlava dell’Ascoli, della Percoto e di Zorutti (...). Quelle discussioni sulla scoperta della Ladinia, dai provenzali ai catalani fino al nostro Friuli continuarono nei mesi successivi.”
Cfr., il saggio di Cesare Bordotto, Con Pasolini nel tempo di Casarsa, in AA. VV. Ciasarsa, cit., p. 332. La passione di Pasolini per il friulano, non poteva scaturire solo da una semplice suggestione fonetica, ma richiedeva studi scientifici su testi eruditi, che avrebbero permesso di scavare nelle zone remote e sconosciute della tradizione letteraria. Dopo una lettura scrupolosa dei Saggi Ladini dell’Ascoli, l’Antologia della letteratura friulana del Chiurlo e il Vocabolario del Pirona, Pasolini sente la responsabilità di elevare, con la sua poetica, il friulano a dignità di gruppo linguistico autonomo all’interno della cerchia delle lingue romanze.
85. Cfr. ROBERTA CORTELLA, Percorsi romanzi nell’opera di Pier Paolo Pasolini, cit., p. 55.
86. Cfr. la testimonianza di Don Dante Spagnol, in AA. VV., J’sielc’ peravali’ - Scelgo parole, Edizione Biblioteca dell’Immagine, Pordenone 1995, p. 184.
87. Cfr. Dialet, lenga e stil, in «Stroligut di cà da I’aga», Casarsa, aprile 1944, pp. 3-5; ora in P. P. PASOLINI, L’Academiuta friulana e le sue riviste, Neri Pozza Editore, Vicenza 1994. Trad. “Parlare friulano è parlare latino“.
88. OVIDIO COLUSSI, Pieri Pauli Pasolini maestri di puisia, in AA. VV., Ciasarsa, cit. p. 387. Traduzione di Roberta Cortella: Alla fine di ottobre - solo dopo qualche settimana di lezione - Pier Paolo Pasolini cominciò a spiegarci che il friulano era una lingua (...), il friulano derivava, direttamente, dal latino. Che non bisognava vergognarsi di parlare friulano. “Parlare friulano è parlare latino”. Noi studenti, una settimana dopo, cominciammo a chiedere una infinità di cose: come si scrive, per esempio, scjiavassà, scjiala e via discorrendo. “Scrivete come vi capita. L’importante è che scriviate”.
89. Cfr. PASOLINI, Lettere 1940-1954, cit., p. 190.
90. Cfr. P. P. PASOLINI, Pasolini su Pasolini, Guanda, Parma 1992, p. 59.