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Thomas Covenant: la Camoora dei giganti - 10

Autore:
Platania, sr. Marzia
Fonte:
CulturaCattolica.it



La Camoora dei Giganti

I Giganti sono un popolo di navigatori approdato nella Landa dopo aver perso la rotta per tornare in patria. Alti due volte un uomo, parlano una lingua propria, il gigantese, ma conoscono anche quella della Landa. Vivono molto più a lungo degli uomini e sono perciò un popolo lento e riflessivo, abituato ai tempi lunghi, e trovano gli uomini troppo precipitosi, e la loro lingua troppo svelta. Sono persone allegre e amano i lunghi racconti. Sono anche abilissimi costruttori in pietra (anche le loro navi sono fatte di pietra) e hanno costruito la Rocca delle Celebrazioni per gratitudine verso i Signori che li hanno accolti nella Landa dopo il loro naufragio. Hanno sempre in mare delle navi che cercano la Patria perduta. A causa della lontananza da casa, o come punizione della leggerezza che li ha portati ad allontanarsi da casa seguendo l’avventura, hanno pochi figli. Una profezia dice che quando ritroveranno la fecondità ritroveranno anche la Patria, ma quando lo Spregiatore cattura i tre gemelli che avevano riacceso le loro speranza e ne fa suoi servitori attraverso i posseduti, l’intera razza si lascia morire per disperazione; Salcuore Seguischiuma, amico di Covenant, rimane l’unico Gigante a combattere insieme agli uomini, ma minato dall’odio e dalla disperazione, e soprattutto dal disprezzo di sé, fino alla fine del terzo romanzo.
La Camoora è un rito di purificazione, che consiste nel venire a contatto col fuoco e sopportare il dolore fisico. Le fiamme, pur provocando dolore, non provocano alcun danno ai Giganti.



La camoora era un rito con cui i giganti si purificavano dal rimorso e dall’ira. Nessun fuoco normale era in grado di danneggiarli, ma i Giganti percepivano il dolore delle fiamme e si servivano di questo dolore per riprendere il dominio di sé stessi. [1]


Attraverso la sofferenza volontariamente accettata, i giganti riescono quindi a domare le loro emozioni e a tornare padroni di sé quando sofferenza e odio li condurrebbero ad azioni sconsiderate.


Credo che non abbiate dimenticato la camoora dei giganti, il rituale della purificazione del dolore mediante il fuoco. La carne dei giganti non è danneggiata dal normale fuoco. Il dolore purifica, ma non brucia. È un sistema con cui i senza patria, di tanto in tanto, trovano sollievo agli eccessi del loro cuore. [2]


Ne veniamo a conoscenza la prima volta quando i protagonisti scoprono che lo Spregiatore ha assalito e distrutto un Silvano, uccidendone tutti gli abitanti e trasformando i sopravvissuti in un esca per prenderli in trappola. Ne segue una furiosa battaglia, in cui Salcuore Seguischiuma in preda all’orrore, infuria contro l’esercito dello Spregiatore. Al ritorno dalla battaglia geme:


- Ah, fratelli e sorelle, mi avete visto? Siamo giunti a questo. Giganti, non sono solo. Vi sento in me: sento in me la vostra volontà. Non vi sareste comportati diversamente da me…avreste sentito quello che ho sentito io, avreste sofferto con me. E questo è il risultato. Per la Pietra e per il Mare! Non siamo più quelli che eravamo. La perdita della Patria e la debolezza della stirpe ci hanno reso inferiori a quelli di un tempo. Siamo sempre fedeli, anche adesso? Fedeli? Gente mia, la fermezza porta dunque a questo? Guardatemi! Vi sembro degno di ammirazione? Puzzo di odio e di uccisioni inutili -
[…] Con una convulsione delle spalle, infilò le mani nel fuoco.[…]. Ma era la camoora dei giganti, e nessuno osò interferire. La sua faccia si tese per il dolore, ma Seguischiuma rimase immobile. I suoi occhi parvero gonfiarsi nelle orbite; ma tenne le mani nelle fiamme, come se il fuoco potesse guarire, o almeno bruciare il sangue che le sporcava, cauterizzare se non placare la macchia delle vite versate. Ma il dolore si vedeva sulla sua fronte. Le forti pulsazioni alle tempie ruppero la crosta che si era formata sulle ferite; nuovo sangue gli colò sugli occhi e lungo le guance, fino alla barba.[…] tirò indietro le mani. Non avevano subito danni…per qualche motivo, la sua carne pareva insensibile alla fiamma…ma il sangue che le copriva era sparito; erano immacolate come se fossero state ripulite da un proscioglimento. Ma aveva le dita rigide per il dolore, e le piegò faticosamente. [3]


Tuttavia la guarigione non è completa, non arriva al cuore. La disperazione mina sempre più Seguischiuma, dopo la perdita di tutto il suo popolo, fino a farne un guerriero crudele, assetato di sangue e tormentato dal rimorso.
Durante la marcia per arrivare al Nido Immondo Covenant e Seguischiuma incontrano le miti e patetiche creature, i Molli o jheherrin, frutto involontario degli scarti della produzione dei Demondim, dei quali abbiamo dato una sommaria descrizione nel capitolo 5, i quali attendono la venuta di un “Unico Puro” che vincerà lo Spregiatore, liberandoli dalla misera condizione in cui vivono.


- Si dice che al momento opportuno nascerà un giovane senza difetti, capace di resistere al Costruttore (il Sire Immondo), senza paura. […] Si dice che libererà i jheherrin se essi si dimostreranno degni…che costringerà il Costruttore a liberarli dal fango e dalla paura…- non riuscì a proseguire.
Covenant sentì la domanda che tutti i jheherrin avrebbero voluto rivolgergli:”Siete voi il puro? Se vi aiuteremo, ci libererete?” ma non poteva dare loro la risposta desiderata. Doveva dare loro la verità, non una falsa speranza.
- Guardatemi – disse – Conoscete la risposta. Sono malato….E ho fatto cose…Sono impuro.
Dopo un ultimo istante di silenzio e di speranza, tutti i jheherrin gemettero di dolore. Ogni luce si spense. Gridando per la disperazione, corsero via. […]Covenant avrebbe voluto consolare la creatura che piangeva. Ma quando fece per avvicinarsi, sentì una voce che lo accusava: - La disperazione è opera del Costruttore.
- Perdonatemi – rispose Covenant - ma non potevo mentirvi. La leggenda non è cambiata. Resta valida anche senza di me. Non intendo negare i vostri meriti. Solo…io non sono così puro. Il vostro salvatore deve ancora arrivare. […]
Poi dal fondo del passaggio giunse ancora l’ultima raccomandazione del jheherrin:
- Cercate di sentirvi puro -. [4]


Né Covenant né Seguischiuma sono puri, e malgrado la preghiera finale del loro buffo alleato, non può certo bastare uno sforzo di “pensiero positivo” a modificare la loro oggettiva condizione di “impuri”, di colpevoli; tuttavia vengono aiutati lo stesso. In seguito i due si trovano la strada bloccata da un fossato di lava. L’ostacolo sembra a Covenant insormontabile:


In passato, non si era mai preoccupato del modo di attraversare il Posto delle Ceneri, perché non si era mai reso conto che si trattava di un fossato di lava. Solo adesso si rendeva conto dell’immensità dell’ostacolo. Solo ad avvicinarsi a quella lava, gli pareva, la sua pelle si sarebbe carbonizzata.
- No- rispose Seguischiuma, con voce distaccata.- ho cercato di prepararmi. Può darsi che così facendo riesca a liberarmi del male che ho fatto per tanti anni. Amico mio, sarò io a portarvi dall’altra parte. [5]


Egli è consapevole che non si tratta di un semplice rito di purificazione, perché l’ostacolo da superare non permette di ipotizzare che egli sopravviva all’ordalia, ma all’obiezione di Covenant egli risponde:


- Sono l’ultimo dei Giganti – mormorò Seguischiuma - posso sacrificare la mia vita come maggiormente desidero. [6]


Ignorando le sue proteste, Seguischiuma si carica Covenant sulle spalle e si getta nella lava; arrivato a metà, scaglia Covenant oltre il bordo e sprofonda nella lava. I lettori lo piangono per morto per qualche pagina [7], ma risulta poi che egli ne è uscito non solo vivo, ma guarito:


Il suo sguardo era di nuovo sereno, i suoi occhi erano tornati a sorridere […] perfino le sue vecchie cicatrici erano scomparse, cancellate da un fuoco che pareva averlo rinnovato. In lui non c’era niente che rivelasse i tormenti che aveva conosciuto. [8]


Attraverso questa suprema camoora, il sacrificio di sé, Salcuore Seguischiuma è diventato l’Unico Puro, compagno necessario alla vittoria del bene.

Note

[1] GG, pag. 257

. [2] AR, pag. 264.

[3] CS, pag. 292-293.

[4] AR, pag. 254-255.

[5] AR, pag. 259.

[6] AR, pag. 259.

[7] Tranne i più avveduti, che ricordando la vicenda di Gandalf in Tolkien, non ritengono morto nessuno a meno che non se ne narri la sepoltura.

[8] AR, pag. 264.