Iuozas Zgebskis: Ultima parola al processo
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Fui arrestato il 16 agosto 1971 per aver il insegnato catechismo ad alcuni ragazzi nella chiesa di Prema. Nel protocollo di una seduta del tribunale è scritto: “Nella chiesa si trovavano 70 ragazzi con i loro genitori”. Fui accusato di aver violato il primo paragrafo della legge 143 del CP dove si parla della separazione della Chiesa dallo stato. L’accusa mi fu presentata durante l’arresto.
Come posso spiegare le mie ragioni? Sono costretto a riferire lo stesso argomento che ho portato quando un gruppo di ateisti, entrato in chiesa, mi chiesero se non sapevo che era proibito insegnare la religione ai ragazzi. Io ripetei le parole pronunciate dai primi discepoli di Cristo di fronte al Sinedrio: “Bisogna essere sottomessi a Dio piuttosto che agli uomini”. Di conseguenza se insegno le verità della fede ai ragazzi, lo faccio in accordo con il comandamento di Cristo: “Andate e istruite tutte le genti, insegnando ad osservare quanto vi ho detto”. Questo comandamento è rivolto a tutti senza distinzione di piccoli o grandi.
La Chiesa cattolica ha consolidato giuridicamente questo comandamento di Cristo includendolo in tre articoli del suo Codice canonico (129, 130, 131). I genitori continuano ad osservare questo comandamento educando i propri figli nelle verità della fede, ad una vita secondo le norme di Cristo. Spetta loro il diritto naturale di educare i propri figli. Quando i genitori intendono insegnare la musica ai propri figli, si rivolgono all’insegnante di musica; per la matematica all’insegnante di matematica ecc.. Di conseguenza il sacerdote si trova a dover scegliere fra due leggi in contrapposizione.
Si ha il diritto di pensare che lo stato, nell’emanare le sue leggi, voglia soprattutto il bene dei suoi sudditi. Ma questo non ha significato senza la libertà di coscienza, senza riconoscere ai genitori il diritto di educare i propri figli.
Rugenis, delegato del soviet per gli affari religiosi presso il Consiglio dei Ministri dell’URSS per la Repubblica Lituana, in un suo intervento ufficiale alla rivista lituana Iokubke pubblicata all’estero, affermò che in Lituania esiste la piena libertà di religione e di coscienza.
La libertà della Chiesa cattolica, essendo una persona giuridica, non deve essere semplicemente nominale. Se è permessa la sua esistenza, ne consegue che le deve essere concesso di nutrirsi e di respirare ecc..
Le leggi sovietiche risolvono il problema della libertà di coscienza, separando la Chiesa dallo stato. Tuttavia per gli ateisti la Chiesa non è separata dallo stato, ma sottomessa agli interessi degli ateisti. Per ottenere questo si aggiunge poi l’inganno e la cavillosità. Per la qual cosa i credenti si sentono estranei alla società perché di fronte alla legge sono soggetti a discriminazioni.
Per esempio un anno fa Vilkavishki, insegnante di scuola media, fu allontanata dall’insegnamento perché era credente. Non solo le impedirono di insegnare, ma anche di poter lavorare in qualsiasi altro impiego. Forse questo non significa violare la libertà di coscienza? E non si tratta di un caso singolo…
Di fronte a questi fatti sorge inevitabilmente la domanda: Perché la comunità dei credenti non viene difesa dalla legge? Questo modo di agire contribuisce forse al rispetto della Costituzione? Dobbiamo forse meravigliarci se la gente pensa che la Costituzione, la quale dovrebbe difendere la libertà di coscienza, come pure i diritti dell’uomo, serva solo a scopi propagandistici? E’ tutta una serie di fatti a confermare che gli ateisti violano la libertà di coscienza dei credenti. Perché il governo non interviene? Forse che non si offende la libertà di coscienza quando gli ateisti con vari sotterfugi permettono di studiare a Roma soltanto ai seminaristi da loro scelti e diventare vescovi soltanto ai candidati da loro designati? Non è forse un imbroglio che esista in Lituania soltanto un seminario per la preparazione dei sacerdoti e si permetta di accettare ogni anno soltanto quattro o cinque seminaristi, quando in Lituania muoiono ogni anno dai 30 ai 40 sacerdoti?
La stessa cosa riguarda l’insegnamento della religione ai bambini. Non è assurdo permettere la Prima Comunione e nello stesso tempo pretendere che ogni ragazzo venga preparato individualmente?
Rispettabili della corte, io penso che voi, come la maggioranza delle persone della nuova generazione, conoscete Dio soltanto attraverso testi come “La Bibbia, che spasso!” e altri testi antireligiosi e non come colui che è morto per noi sulla Croce. Credete voi di essere in grado di sostenere l’esame di religione che fanno i ragazzi della Prima Comunione, nonostante la vostra alta conoscenza nella vostra specializzazione?
Che conseguenze si possono trarre da quanto ho esposto? Se considero questi fatti puramente da un punto di vista umano, mi vien voglia di ripetere le parole di Cristo: “Se è possibile, o Padre, allontana da me questo calice”. D’altra parte, noi sacerdoti dobbiamo ringraziarvi per questo processo ed altri simili perché voi ci offrite la possibilità di essere sacerdoti nello spirito di Cristo, cioè di decidere di compiere il compito che lui ci ha affidato secondo le norme della Chiesa e di essere disposti ad accettare tutto quello che la Provvidenza vorrà disporre di noi. Altra possibilità sarebbe quella di scegliere la via della ‘coesistenza pacifica’ con gli ateisti, cercare di adattarsi alla situazione e assecondare le disposizioni degli ateisti. Non mi sembra il caso.
Se i giudici non ci condannassero, domani saremmo condannati dal tribunale del popolo. In fine poi verrà il giudizio universale. E noi sacerdoti temiamo più il giudizio di Dio del vostro Tribunale.
Se, secondo la vostra coscienza, quello che ho fatto è un delitto, consideratemi pure un fanatico e condannatemi; ma nello stesso tempo voi condannate voi stessi.
“Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (Atti 5, 29).