Una verità amara: considerazione sui Martiri della Chiesa Russa
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Fra i 1.500 beati del secolo XX, noi troviamo circa 1.400 martiri. Queste cifre ci fanno pensare. Che cosa ci dice il numero dei martiri? La gloria della nostra Chiesa ortodossa oppure la sua tragedia? Durante questi anni mi è stato evidente che si tratta di una grande afflizione. Noi abbiamo perso una grande moltitudine di santi che avrebbero potuto fare molto bene nel loro servizio alla Chiesa. La tristezza aumenta se pensiamo che ad ammazzare costoro non furono degli ominidi giunti a noi dalle stelle, ma solitamente gente cristiana, uomini battezzati, che si comunicavano fin dalla loro infanzia, ma poi si erano separati dalla Chiesa. E li hanno ammazzati con la partecipazione, o nell’indifferenza, della maggioranza della popolazione russa cristiana ortodossa.
C’è un altro motivo per cui il processo della canonizzazione ha suscitato un sentimento per nulla consolante. Riporto due cifre. Secondo i dati della Commissione per la riabilitazione presso la Presidenza della Confederazione Russa, dal 1917 fino al 1943 furono fucilati 130.000 rappresentanti del clero, dei monaci e delle monache. Nel 1917 gli appartenenti al clero e al monachesimo erano 146.000. Proviamo a confrontare queste cifre. Tenendo conto della eliminazione quasi totale del clero russo, il numero dei martiri dovrebbero essere assai maggiore, cioè il numero di quelli che morirono senza negare la propria fede. Il lavoro che abbiamo svolto per lunghi anni ci porta, purtroppo, a concludere diversamente. La maggior parte di coloro che furono fucilati, durante l’inchiesta si riconobbero colpevoli. E non furono pochi quelli che fecero i nomi di persone che poi vennero uccise. E ci furono perfino alcuni che per molti anni accettarono di essere informatori segreti del GPU, del NKVD e del KGB. E’ evidente che non abbiamo il diritto di condannare questa gente. Ma quando si tratta di canonizzazione, dobbiamo essere certi che la persona in esame, nel lasciare questo mondo, sia senza peccato. Noi abbiamo seguito il criterio massimale della ‘economia ecclesiale’, cioè abbiamo favorito la canonizzazione anche di quelle persone che si sono riconosciute colpevoli per por fine alle torture, senza però danneggiare altri.
Riporto ancora due cifre. Gli indagati dal HKVD per motivi religiosi si riconobbero colpevoli più del 90%; gli indagati dalla Gestapo poco più del 50%. Naturalmente non è che gli agenti della Gestapo fossero più umani di quelli del NKVD, ma gli agenti della Gestapo comprendevano che era sufficiente convincere la persona a riconoscersi colpevole. Invece gli agenti del HKVD operavano secondo un altro principio: entro un determinato tempo essi dovevano scovare un determinato numero di nemici del popolo. Così per gli accusati creavano situazioni tali che solo pochissimi erano in grado di resistere. La situazione di questa povera gente si complicava per il fatto che di norma non si richiedeva apertamente di rinnegare Cristo. Per far capire almeno in parte l’orrore che gli ortodossi sperimentavano in quegli anni, voglio portare un esempio.
Un sacerdote, dopo aver sopportato parecchi disagi a causa dei sovietici, alla fine venne arrestato. Inizialmente il giudice istruttore in una forma molto benevola gli propone di sottoscrivere una deposizione già preparatagli. Nella deposizione si riconosceva che lui aveva preso parte ad una organizzazione antirivoluzionaria operante nella sua parrocchia e che in quella organizzazione avevano preso parte anche determinate persone. Il giudice gli dice: “Lei ormai non è in grado di influire sulla sorte di questi parrocchiani. Sono già stati arrestati o lo saranno prossimamente. Se lei sottoscrive saranno risparmiati dalla tortura e dovranno soltanto subire la loro condanna, lei può rendere meno pesante la loro sorte. Lei sarà liberato e potrà tornare nella sua parrocchia. Se non farete questo renderete più pesante la sorte di queste persone e in più la sua famiglia avrà a subire qualche disagio. Lei ha delle figlie, ci toccherà arrestarle. Le prigioni sono strapiene, saremmo costretti a metterle in cella con delinquenti comuni. Che cosa sarà di loro lo giudichi lei. Lei ha pure un bambino piccolo… ci toccherà occuparci di lui… alla sua presenza. Siete ormai tutti condannati. L’unica cosa che lei può fare è attenuare la sorte di queste persone, sottoscrivendo questa deposizione”.
Ho descritto uno degli schemi di interrogatorio che si usavano in quel tempo. L’uomo non aveva nessuna possibilità di poter sperare in qualche cosa, se non, naturalmente in Dio. Ma anche qui sorgono gravi tentazioni. Molti credenti fin dall’infanzia erano stati educati dalla vita dei santi. Leggendo la descrizione del martirio dei cristiani dei primi secoli, notavano come era evidente la presenza di Dio nella loro vita, con quale facilità essi superavano le sofferenze disumane che venivano loro inflitte. E’ possibile che molti di coloro che avevano letto le vite dei santi, sognavano di ottenere la palma del martirio. Ma cadendo nelle mani dei senzadio del XX secolo, si accorgevano che tutto accadeva in modo diverso. I denti strappati durante l’interrogatorio non crescono di nuovo. Gli interrogatori che si protraevano per una decina di giorni senza sonno e senza cibo producevano una situazione di incoscienza, di pazzia… Il vescovo Luka (Vojno – Jaseneckij, essendo medico, ha fissato ciò che era accaduto nella sua psiche durante un interrogatorio. La persona cessava di rendersi conto della realtà e incominciava a pensare: “O io sono totalmente privo di ogni forza e Dio si è allontanato da me, o… forse Dio non esiste”).
La situazione si complicava per il fatto che la popolazione in quel tempo era terrificata dalla paura e la persona caduta nelle mani del NKVD non poteva aspettarsi un qualche sostegno da nessuna parte. Porto un esempio che mi è apparso molto significativo. In un villaggio arrivano i rappresentanti del potere con precise istruzioni: quanti uomini arrestare, quanti fucilare, quanti mandare al confino. Il sacerdote della parrocchia viene arrestato per primo e portato non si sa dove. Dopo alcuni mesi muore la moglie del sacerdote che lascia due bambini di cinque e di otto anni. Ed ecco che questi bambini restano abbandonati in casa per alcune settimane. La gente si tiene lontana dalla casa del sacerdote perché qualcuno non si accorga e faccia denuncia. Soltanto di notte qualcuno porta dei pezzi di pane sulla porta di casa del sacerdote. I bambini, dimenticati da tutti, dopo qualche tempo si ammalano. Finalmente il direttore dell’asilo infantile ritira un bambino, ma lascia l’altro perché privo di documenti. Il secondo, morente, coperto di pidocchi e di croste, viene prelevato da un parente, affrontando la possibilità di essere lui stesso eliminato. E tutto questo avviene in una comprensibile, condivisa tolleranza… di chi? Sì, dei parrocchiani di questa chiesa, dal gregge guidato da questo infelice pastore.
Ancora un altro esempio. Mosca, anno 1937. Arrestano un attempato sacerdote. Egli sa, intuisce che sarà fucilato. Prima di lasciare la famiglia, benedice il figlio e gli raccomanda di andare il giorno dopo all’associazione del komsomol e consegnare una lettera nella quale doveva affermare di rinnegare il padre e chiedeva di essere iscritto al komsomol. Dopo di che, chi può pretendere che qualcuno aiuti gli altri membri della famiglia lasciati in libertà? Il clero era totalmente dimenticato da coloro che avrebbero dovuto difenderlo. C’è anche da tener presente un fatto impressionante: nel censimento del 1938 si dichiararono credenti più del 50% dei cittadini dell’Unione Sovietica. Queste persone si ritenevano credenti, ma essi permisero che venissero uccisi quasi tutti i sacerdoti e i laici più attivi e più convinti. Sorge il problema: in che cosa consisteva la loro fede? Quale era la loro fede?
Parlando della canonizzazione dell’assemblea dei nuovi martiri, descrivo delle cose tristi, ma non faccio che mettere semplicemente a vostra conoscenza i risultati che era necessario trarre studiando i materiali a nostra disposizione. Mi meraviglio assai nel notare come comprendiamo l’assemblea dei nuovi martiri. Quando parliamo di loro, subito ci viene da dire: la santa Russia ha conservato la fede ortodossa. E come testimonianza portiamo il fatto che nel secolo XX, quando ebbe inizio la persecuzione, noi abbiamo offerto un numero così grande di santi.
Ma come mai è iniziata la persecuzione? E come è accaduto che la miglior parte del nostro popolo ecclesiale è stata condannata alla morte? E qui occorre pensare anche a quello che succede oggi fra di noi. Glorificando i nuovi martiri noi pensiamo di aver fatto la nostra parte. Ora sono essi che devono aiutarci ad uscire dalle situazioni difficili della vita. Ma noi chi siamo? E come ci comporteremmo se dovesse accadere ancora qualche cosa di simile?
Nella settimana dopo Pasqua ho potuto visitare alcuni santuari di una diocesi, dopo di che ritornando in città, fui colpito da ciò che normalmente mi colpisce in ogni città. Questa orribile commistione di boia e di vittime. Per esempio nel villaggio di Alapaevsk ho potuto notare due lapidi commemorative nella scuola dove era stata tenuta in arresto la beata martire Elizaveta Fedorovna che poi venne uccisa. L’altra lapide era dedicata al commissario politico Perminov che aveva collaborato alla formazione dell’Armata Rossa e venne ucciso dai bianchi nel 1919. Sembrerebbe di poter dire: che differenza c’è? Lei beata perché devota della causa dei bianchi, l’altro beato perché devoto perché devoto della causa dei rossi… Ma proviamo a pensare: Perminov aveva combattuto con le armi in pugno contro il proprio paese, i bianchi lo uccisero come un nemico. Ma perché uccisero Elizaveta Fedorovna?
E’ mai possibile rendere gloria nello stesso tempo ai boia e alle vittime? Chi siamo noi? Dove siamo? Quando penso a queste cose resto male perché mi è chiaro che non abbiamo sufficientemente meditato su quello che ci è accaduto, su ciò che è accaduto alla nostra Chiesa. E molti problemi della nostra vita ecclesiale hanno la loro radice in queste situazioni.