Lettera a Marta Chieffo
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Carissima Marta,
anche se non ti conosco personalmente, e ho avuto modo di stringere la mano soltanto una volta a Claudio, dopo un suo concerto, ti scrivo per ringraziarti, sinceramente e con commozione, per questi anni che hai vissuto insieme a lui. Per aver regalato a lui, al mondo e, ultimamente, a Dio, una storia di amore, di tenerezza, di passione, di forza e di libertà come la vostra. Sì, sono proprio le parole della Ballata dell’amore vero, e mi permetto di usarle perché per me quella canzone è stata in questi anni, negli anni della intuizione, poi della scoperta, della lotta e della domanda, rispetto a cosa vuol dire amare, e rispetto alla mia vocazione, il riferimento, il giudizio, la guida – in perfetta comunione con chi poi esistenzialmente mi ha condotto alla scoperta dell’amore cristiano.
Questa ed altre canzoni di Claudio sono state per me quasi una catechesi, una fonte inesauribile di giudizio e insieme una testimonianza – soprattutto dopo che con commozione ho letto nel suo ultimo libro-intervista molte cose sulla sua storia, ed anche sulla storia della vostra vocazione, della vostra famiglia, della vostra semplice e tenace risposta alla chiamata di Cristo. Così quelle canzoni, che già per me avevano carne nella loro concretezza, nel loro legame con la vita, nel loro esemplificare l’esperienza umana mia e di ciascuno, e che avevano corpo nella sua bellissima voce, sempre capace di una pienezza dell’altro mondo, mi hanno dischiuso un mondo. La storia di un uomo – e, dietro di lui, come una presenza tenera e discreta, di una donna – di un uomo vero, che non curandosi della logica del mondo e del potere, ma anzi, smascherandola con acume profondo (e probabilmente a volte vivendola sulla propria pelle con dolore), ma insieme trapassandola con la semplicità di cuore di un bambino e con la fede adulta di un cristiano, ha avuto la forza di dire al mondo chi è l’uomo, chi è l’uomo vero, quest’uomo che “desidera la vita e brama lunghi giorni per gustare il bene”, per dirla col salmo: è l’uomo che incontra e segue Gesù Cristo.
Quante volte, pur conoscendo un po’ di filosofia e di teologia, mi sono trovato a esprimere la certezza della mia fede con le parole delle sue canzoni, più che con quelle dei teologi o di alcuni cristiani benpensanti. Quanti viaggi in macchina fatti con gli amici, ascoltando le sue canzoni, sono diventati dei momenti di edificazione, per l’irresistibile voglia che le sue parole si portano dentro di essere paragonate con la vita... E quante volte io e la mia fidanzata ci siamo sorpresi a parlare delle sue canzoni, e a parlare... di voi, della vostra storia così come l’abbiamo letta, e come la raccontano le canzoni... e non è banalmente il pedaggio da pagare per essere “famosi”, è la grandezza di aver detto un “sì” che è per il mondo! Soprattutto adesso, che abbiamo a che fare con questioni concrete, i soldi, il sogno di una casa nostra... e i problemi che ci sono, e lo scontro con chi vive del mondo, con chi rischia di trascinarti in un imborghesimento del cuore che sistema ogni cosa, tanto da non lasciare più spazio alla Provvidenza, e all’onnipotenza di Dio... “Ride chi dice che io non ho una casa dove ospitarti...”: parole che sono di conforto per chi lotta, per chi ha intuito, pur dentro la grande miseria e il peccato, che il rapporto con Cristo è la vera casa, come ora Claudio dal Cielo vede in pienezza e continua a cantare...
Penso a tutte le volte che Claudio ci ha aperto uno squarcio sul Paradiso e sulla tenerezza di Dio: “quando noi vedremo tutto, quando tutto sarà chiaro, pensa un po’ che risate, che paure sfatate...” quando penso al Paradiso non riesco a togliermi dalla testa questa dolce melodia, e il cuore si riempie di nostalgia di quel luogo pieno della compagnia definitiva di Dio, in cui ora Claudio certamente vive... “Adesso suono sempre nella banda, e il direttore che la comanda... è un tipo eccezionale e c’ha dell’estro, e tutti qui lo chiamano Maestro!” Sì, suona ancora Claudio, ancora e per sempre, e per sempre riempirà il cuore di chi avrà la grazia di imbattersi nelle sue canzoni.
Ma penso anche a tutte le volte che Claudio ha aperto uno squarcio sulla profondità dell’adesso, di questo mondo, di quella “vibrazione della terra, e non del cielo” che è la fede, come diceva Giussani. Come quando con tutto il vigore e la pienezza nella voce cantava: “misterioso e terribile è il mio nome, le mie strade non sono le tue strade”... ma, con un improvvisa dolcezza, “ma il mio amore, il mio amore non finisce, ma il mio amore, il mio amore non tradisce” e poi di nuovo con forza: “sono con voi, molto vicino...” Non sono forse queste le parole definitive sulla vita e sulla morte, sul lavorare, lo sposarsi, il mettere al mondo dei figli, l’amare la propria famiglia... e il girare il mondo per gridare a tutti che Cristo è qui, “molto vicino”, e la nostra libertà si compie nella Sua volontà... e solo Lui è fedele, e la sua fedeltà e misericordia sono le parole definitive anche su quelle strade che non sono le nostre, come nel mistero del dolore, della malattia e della morte. Ora Claudio è in pienezza quello che è sempre stato: un testimone del Risorto: “canterà, canterà come canta un bambino... il Signore è qui!”. Quel bambino che canta è lui.
Dunque, insieme al grazie di cuore a lui, che ci custodisce e continua a guidarci da cielo, grazie anche a te, per avere sposato ed amato un uomo così; senza di te, come mille volte ha detto lui stesso, il suo compito non si sarebbe compiuto, le sue canzoni non avrebbero avuto la forza e la verità che hanno, la sua vita non sarebbe stata così piena. La certezza che quel fiore di cui non conosciamo il tempo del germoglio è ora nel pieno del rigoglio, che quel seme ha portato molto frutto, un frutto che rimane per sempre, temperi il dolore per non averlo più davanti agli occhi, insieme all’abbraccio sincero e commosso di tutti noi.