Michail Novickij (1889-1935)
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“Ciò che noi definiamo male, possiede due significati. Esiste un male effettivo: libidine, invidia, latrocinio, un’innumerevole serie di vizi che meritano estremo biasimo e punizioni. Ma spesso la gente definisce male anche la fame, la morte, la malattia, la povertà e così via; tutto ciò, invece, non può essere male nel vero senso della parola.
Perché se fosse male… non imbriglierebbe l’orgoglio, non estirperebbe l’incuria, non ci provocherebbe all’osservazione di noi stessi, non ci farebbe più attenti a noi stessi. Si considera male la sofferenza… e così si considera il male non per la natura che gli è propria, ma secondo l’ opinione comune”.
Dal libro: Vite dei Nuovi Martiri e Confessori russi del XX secolo, redatte dall’igumeno Damaskin (Orlovskij)
Il santo confessore Michail nasce nel 1889 nel governatorato di Minsk da padre sacerdote. Conclude gli studi all’Istituto storico-filologico di San Pietroburgo, insegna latino al Ginnasio maschile di Minsk. Dal 1920 è sacerdote nella Chiesa di Pietro e Paolo del villaggio di Uzda, distretto di Minsk. Grazie all’aiuto dei parrocchiani sopravvive alla carestia del 1930-’31. I Bezbožniki (“atei, senza Dio”: l’Unione degli atei militanti era l’organizzazione di massa dei lavoratori sovietici che promulgò e diffuse l’ateismo e la lotta alle religioni dal 1925 al 1947) spesso propongono a padre Michail di rinunciare al suo incarico per ricevere in cambio un lavoro redditizio, ma non ottengono alcun risultato. Per ripicca nei suoi confronti chiamano spesso la polizia della divisione locale per umiliarlo. Nel 1933 la Chiesa di Pietro e Paolo viene occupata e trasformata in un granaio, ma padre Michail celebra la liturgia nella portineria della chiesa. Durante la settimana santa della Quaresima del 1935 arriva un uomo che pretende di espropriare i beni ecclesiastici. Il sacerdote si rifiuta e viene crudelmente picchiato. Per le percosse subite muore nel terzo giorno dell’Ottava di Pasqua, il 30 aprile, dopo aver finito di celebrare tutte le liturgie pasquali, semisdraiato sul letto di morte in portineria. Tutt’attorno si accumula una folla che segue la liturgia attraverso le finestre aperte.
Anastasija Verina
Foma - Rivista ortodossa per gente che dubita, n. 4-48, aprile 2007, p. 41
(traduzione di Roberto Sarracco)