Condividi:

Storia di una conversione: Mosca, Nadezhda, anni 21

Fonte:
Foma n. 6 - 2006

La mia famiglia non è mai stata particolarmente religiosa: non abbiamo mai frequentato regolarmente la chiesa; solo qualche volta, casualmente, passando accanto ad una chiesa. Per immergersi qualche momento nel caldo piccolo mondo odorante di cera e di incenso. Niente di più. Ma tutto quello che era legato all’ortodossia noi lo accettavamo con gioia: il Natale, la Pasqua; libri di padre Aleksandr Men’ li leggevo assieme alla mamma. Un certo qual sentimento religioso accompagnava sempre la mia infanzia, un sentimento del tutto naturale, come fosse innato. Indipendentemente da qualsiasi ‘educazione’ materna, ho sempre creduto che è stato il Signore a creare l’uomo. Che Cristo era morto in croce per gli uomini, era risorto e che, dopo la morte, la gente finisce in paradiso.
Ma tutto questo era come qualche cosa di accessorio, per quanto fosse una cosa buona; non mi permetteva però di avvicinarmi all’ortodossia. Lo compresi in seguito. Nella chiesa non mi sentivo a mio agio, era per me come un posto artificioso, come quando si è ospiti fra persone sconosciute. La Divina Liturgia mi sembrava bella, ma incomprensibile e del tutto inadeguata alla mia vita. La mia anima si illuminava, volevo piangere, non so perché, ma poi in chiesa non vi ritornavo: vi ero estranea, i credenti mi sembravano gente di un altro mondo, non del mio. Quando ebbi tredici anni ricevetti il battesimo assieme a mia madre. Ricordo: era un giorno nuvoloso, piovoso; bisognava andare lontano perché il monastero si trovava in campagna, lontano dalla città. Ricordo esattamente l’amministrazione del sacramento: la chiesa era completamente vuota; oltre a noi non c’era nessuno: tenevamo in mano le candele, giravamo intorno al fonte battesimale e alla fine il sacerdote ci unse con un olio soavemente profumato. E quando uscimmo dalla chiesa, già dalla soglia ci accecò lo splendore del sole al tramonto.
Ma anche dopo il battesimo io non entrai a far parte della vita della Chiesa. Continuai a credere che la Chiesa era una cosa ed io un’altra e che essa non era in grado di mutare qualche cosa nel mio mondo. Non è che io mi sentissi perfetta, al contrario, la coscienza del mio peccato mi portava ad una profonda depressione. In questo stato d’animo c’era di tutto: nostalgia, autocritica, disperazione, ma mai preghiera. Tanto meno pregavo quando ero contenta. Sebbene in questi momenti fossi presa dal sentimento di ringraziare spontaneamente il Signore.
Ad una certa tappa della mia vita dentro di me qualche cosa si spezzò. Forse giocò un ruolo la tragica età dello sviluppo o forse, semplicemente, sentivo il bisogno di avere sotto di me un terreno solido. Decisi di diventare atea. Ora comprendo che quella era la via più comoda. Eliminai ogni dubbio e decisi una volta per sempre che la religione era semplicemente un inganno, un bel sogno inventato dall’uomo. Fu per me pacificante prendere coscienza di essere estranea a quel popolo per il quale era stato inventato quell’oppio. Mi convinsi che il cristianesimo era retaggio dei deboli, che ogni rivolta, ogni espressione della propria individualità era nel cristianesimo incatenata in dogmi e proibizioni.
Frequentavo i gruppi musicali che cantavano l’ipocrisia e la falsità dei credenti ed inculcavano un volgare disprezzo verso la religione e la società cristiana. Leggevo le opere di Nietzsche e, sebbene non capissi nemmeno la metà di quello che diceva, ne accettavo però il pathos anticristiano. Perfino tenevo rapporti amichevoli per corrispondenza, attraverso i quali, lettera dopo lettera, in piena consapevolezza, parlavo dell’assurdità del mondo che credeva nelle dolci favole del paradiso e naturalmente ottenevo un cordiale sostegno da tutti gli angoli del paese.
La mia indignazione non era particolarmente rivolta contro l’ortodossia russa, ma contro tutto il cristianesimo. Tenevo distinti questi due settori perché mi era più facile considerare il cristianesimo in generale come qualche cosa di astratto, come nuda idea. Naturalmente mi era più spontaneo imprecare contro Dio che guardarlo direttamente in faccia. Toccare ciò che è proprio, russo, di casa, dopo tutto mi sembrava una profanazione.
Dopo tutto questo io mi innamorai. Avevo sedici anni quando, durante un concerto che imprecava contro il cristianesimo, feci conoscenza con un mio coetaneo. E improvvisamente compresi che fino a quel momento ero vissuta solo a metà, come in un profondo torpore dove non è che dormi pienamente, ma neppure sei del tutto sveglio. Finalmente spalancai gli occhi e vidi la sua mano nella mia mano; vidi il cielo grande e vicino, vedevo il mondo attorno a me, a portata di mano, ridendo come in estasi.
Questa gioia era così grande, imprevista, gratuita che non potevo tenerla soltanto per me. A stento il mio cuore riusciva a trattenere questo amore, e così, senza rendermi conto incominciai a ringraziare il Signore. E tutti i miei ragionamenti filosofici ateistici si afflosciarono, come una casetta di cartone percossa dal vento. Le parole ‘intelligenti’ che io, nel mio ateismo, avevo accatastato, diventarono vuote e insignificanti. Avevo visto la presenza di Dio, qui, nella mia vita, non potevo non credere.
Il ragazzo, però, non corrispose al mio amore. Non perché non stimasse il mio amore, o si fosse lasciata sfuggire un’occasione per sperimentare la felicità, ma solo perché gli ero semplicemente amica. Così, per non cadere in disperazione incominciai a pregare; senza sapere come, ma in modo ardente e sincero, come ero capace. La mia preghiera era soprattutto un pianto, una domanda, ma anche in questi momenti io ringraziavo Dio perché sapevo amare, sia pure infelicemente non corrisposta. Allora io compresi che nel mondo esiste qualche cosa che noi non possiamo dominare. L’amore non si conquista con la forza, semplicemente non si conquista, ma è donato da Dio. Posso soltanto cercare di indovinare perché Dio mi abbia donato questo sentimento e perché per cinque lunghi anni questo sentimento non mi abbia abbandonato. Ma io constato che l’amore mi ha cambiata, ha riportato nella mia anima qualche cosa che corrisponde alla mia struttura. Mi sembra che quanto più sai amare, tanto più il dialogo del cuore con Dio diventa trasparente; diventi più capace di credere in profondità e sincerità.
Con questo ragazzo mi vedo anche oggi ai concerti, ma la musica è cambiata. Frequento ‘Alisa’, uno dei numerosi concerti rock del ‘secolo di bronzo’ della poesia russa, che anche oggi non ha perso il suo fuoco ed il suo talento. Kostantin Kincer, leader di ‘Alisa’, si è fatto battezzare nella Chiesa ortodossa, ma i testi delle sue canzoni non sono sdolcinatamente edificanti, ma piuttosto forti e penetranti. Grazie a lui ho potuto conoscere un uomo meraviglioso, padre Andrej Kuraev e frequentare le sue lezioni all’università, le quali mi aiutano a comprendere Cristo non solo con il cuore, ma anche con la ragione. Incontrando queste persone ho potuto capire, grazie anche alla mia esperienza, che il destino non è una catena di circostanze occasionali e insignificanti. In Dio esiste veramente un disegno per ciascuno di noi, e non c’è meraviglia maggiore di quella di scoprire sempre nuovamente, nell’esperienza di ogni giorno, che Egli ci dirige con cura e attenzione per quella via che corrisponde al nostro bene, riservando sempre a noi la libertà della scelta.
Ho iniziato a frequentare la Chiesa, a confessarmi e comunicarmi; raramente non abitualmente, ma con un nuovo e particolare sentimento. Anche oggi non mi è facile ‘chiesificarmi’. Spesso mi fermo in chiesa e non oso alzare lo sguardo sulle icone, per una bruciante vergogna… non per un preciso peccato, ma semplicemente perché io sono così e non posso fare altrimenti. Ma anche in questo momenti trovo consolazione; proprio qui in chiesa dove tutto è diafano e pulito, dove posso comprendere chiaramente il mio dolore. Ora io so dove devo cercare un sostegno, a chi devo chiedere per essere liberata dallo sconforto, dal mio abituale peccato quotidiano.
Ciò che maggiormente temo in questo mondo è di venir meno alla speranza che Lui ha posto su di me, alla fede che Lui ha posto in me. Ogni momento io chiedo a Dio di poter godere veramente, di godere cristianamente, ogni giorno, sereno o nuvoloso che sia, per ogni uomo che incontro sul mio cammino, per ogni fatica da superare. Continuo a cercare, casco, prego intensamente, ma so con certezza che Dio ha creato l’uomo, che Cristo è morto in croce per gli uomini, è risuscitato e che dopo la morte gli uomini finiranno in paradiso. In verità, non lo avevo mai dimenticato. Ora sono tornata a casa.