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Russia: Fede sul lavoro

Fonte:
CulturaCattolica.it
Dalla rivista ortodossa FOMA n. 7 - 2005

Sul lavoro parlate della vostra fede? Interviste

Michail Geronimus, chirurgo all'ospedale di Troisk (prov. di Mosca)

Io sono figlio di un sacerdote ortodosso, e questo per me stabilisce una certa vocazione che mi obbliga a comportarmi in un ceto qual modo.
Quando nel 2001 venni a lavorare nel nostro ospedale ho subito proposto al primario di far benedire il nostro reparto, e lui acconsentì. Quasi tutti i collaboratori furono presenti al rito ufficiato da mio padre, padre Aleksandr Geronimus, pregarono e si segnavano con il segno della croce. In seguito mi hanno ringraziato per la funzione ed alcuni hanno poi ricordato la benedizione come un avvenimento particolarmente luminoso. Il direttore del reparto arrivò a dire che dopo la benedizione il lavoro era diventato più gustoso.
Da allora è passato molto tempo. Una parte del collettivo è cambiata. Durante questo periodo nell'ospedale c'è stato molto di bene e di male. Alcuni degli ammalati li abbiamo guariti, ad altri abbiamo reso la vita più sopportabile, ma, come in ogni ospedale di chirurgia, ci sono stati anche dei casi tragici: morti, perdite dolorose.
Un giorno ho portato all'ospedale un'icona 'scritta' da mia moglie; tutt'oggi è appesa nello studio del direttore assieme ad altri quadri., Come ogni cristiano io desidero che le persone che mi sono accanto trovino la fede. Ma non sempre è opportuna una predicazione senza attenzione; può allontanare la gente piuttosto che convincerla. Io cerco di rispondere, secondo le mie capacità, ai colleghi che mi pongono domande sulla fede e sulla chiesa. Essi vedono che ogni volta, prima di mettermi ad operare, faccio il segno della croce, e questa mia esigenza è seguita da comprensione e rispetto. Penso che la cosa principale sia quella di non opporre ostacoli alla Verità, quando dà testimonianza di se stessa.

Sergej Obozov, sostituto del rappresentante di Putin nella regione del Volga

Sul lavoro raramente parlo della mia fede. Mi sembra che si debba comportarsi in modo tale che sia lo stesso tuo comportamento a parlare per te. Ogni uomo continuamente s'incontra con situazioni complicate dove s'impone una scelta morale. Credetemi, nel servizio statale, questo accade non ogni giorno, ma ogni minuto! E proprio allora la mia fede e le mie convinzioni svolgono nel caso ­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­un ruolo decisivo.
Naturalmente io non intendo tacere se chi parla con me vuol capire perché io mi comporto in questo modo e non diversamente, se vedo che le mie risposte possono essere di qualche utilità per la sua vita. Allora mi dico: dimentica tutto, dì al segretario che non ci sono per nessuno, siediti di fronte alla persona e digli in faccia ciò che vale nella vita. E non preoccuparti se il seme porterà frutto o sarà soffocato dalle erbacce! Tu hai detto quello che dovevi dire; il risultato non dipende da te. Bisogna riconoscere il diritto a scegliere personalmente.

Marija Sveshkova, commentatore al servizio 'strana. Ru'

Io svolgo una professione del tutto laica. Dalla esperienza di molti anni posso affermare che, fra quanti dicono di interessarsi della religione, sono un numero del tutto insignificante quelli che sono disposti a parlare di problemi teologici o discutere sulla salvezza dell'anima. Nel nostro ambiente la stragrande maggioranza della gente è indifferente ai problemi della fede. Inoltre ci sono quelli che sono contrari non solo a me, in quanto credente, ma anche alla stessa fede in Dio. Per questo motivo io penso che sia necessario conservare una buona dose di distacco e di buon senso prima di parlare di questi argomenti. La mia esperienza mi dice che non sempre sono utili i discorsi sulla fede, anzi a volte possono essere dannosi. Bisogna sempre essere attenti con chi parli e a quale scopo. Io non mi lascio mai trascinare in una discussione su Dio, quando una persona inizia con tono provocatorio; già so in antecedenza come va a finire.
Quelli poi che s interessano di cristianesimo, per o più si concentrano su problemi sociali e rituali. Naturalmente a questi io rispondo ben volentieri, ben sapendo però che tutte le feste e tutti i riti messi insieme non significano nulla se la persona non comprende nulla dell'essenza dell'ortodossia. Mi sembra più importante testimoniare che predicare le proprie convinzioni. E' molto più difficile, ma alla fine ottieni più rispetto per te e per la tua posizione.

Ilze Lepa, ballerina professionale, insignita della onorificenza 'attrice del popolo russo'

Su lavoro io parlo della mia fede! Ma credo che non si debba costringere nessuno. Mi sembrerebbe strano se, spalancando la porta, ancora sulla soglia, proclamassi: "Io sono credente, e voi?". Questo comportamento non è tattico e per me inaccettabile. E' richiesto un sentimento interiore di delicatezza. Bisogna pensare in che situazione sia opportuno parlare della fede. Se intuisco che la persona non è in grado di accogliere la mia parola non intendo neppure intavolare un discorso sulla fede. Occorre parlare quando la persona è disposta ad ascoltare.
Penso che sia particolarmente importate parlare di Dio alla gente nei momenti difficili, quando chiedono aiuto, quando cercano e non sanno trovare le forze per sopportare il proprio dolore. Sarebbe brutale da parte mia se non volessi parlare di fede in una situazione in cui la fede sarebbe in grado di sostenere una persona. Un giorno questa persona potrebbe gridarmi con risentimento: "Perché non hai voluto parlarmi prima di queste cose?" Anche se la persona non badasse alle mie parola, può sempre darsi che, un tempo, improvvisamente possano servire a trovare la via giusta.

Aleksej Shestopal, ordinario alla cattedra di filosofia dell'Università di Mosca (MGIMO)

Io non impongo a nessuno la mia fede e neppure cerco di nasconderla. Parlo di essa quando vi sono le condizioni propizie per farlo. Stimo molto che nella nostra università lavorino perone di diverse confessioni e diverse idee politiche. Ci sono credenti e non credenti, ortodossi ed ebrei, liberali e socialisti, repubblicani e monarchici. Il responsabile del gruppo degli studenti è un musulmano. Ci rispettiamo l'un l'altro e viviamo benissimo insieme. E' fuori dubbio che l'insegnamento alla cattedra di filosofia presuppone un giudizio sui problemi della concezione del mondo. E' del tutto naturale che i credenti parlino dal loro punto di vista e i non credenti dal loro. Più interessanti mi sembrano i discorsi sulla fede non con i colleghi, ma con gli studenti. Nell'università il dialogo 'docente – discente' è sempre al primo posto. A proposito di questi dialoghi posso dire la stessa cosa: occorre parlare chiaro e apertamente. Ma non pretendere di imporre a nessuno la propria opinione.