Il Cieco nato: rinascere dallo sguardo - 1
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I temi della luce, del “vedere” che è all’origine della fede e del processo contro Gesù si annodano nel cuore del Vangelo di Giovanni dentro la narrazione della guarigione del cieco nato.
Siamo a metà del Vangelo e il cieco dalla nascita che, guarito, si trasforma in discepolo e testimone, diventa rappresentativo dell’intera vita pubblica di Gesù prima che l’evangelista affondi lo sguardo dentro il braciere ardente della passione che prenderà simbolicamente il suo avvio dalla risurrezione di Lazzaro.
Gesù vide un uomo cieco.
E già questa affermazione sottolinea la prospettiva giovannea: l’iniziativa è divina. È; lui che vede. Nelle nozze di Cana, Maria, anticipa il vedere di Gesù e viene rimandata all’Ora. Solo Gesù vede e proprio perché lui vede anche noi, poi, vediamo.
Del resto nell’unico uomo cieco che vede Gesù viene sintetizzata l’umanità tutta. L’episodio dimostrerà come tutti, in definitiva, siano ciechi, e chiamati progressivamente a vedere la luce vera che è Cristo. Ma se alcuni, appunto si aprono alla luce, altri vi si chiudono irrimediabilmente.
Ci aiuta a penetrare fino in fondo il dramma di questo episodio chiave del Vangelo, El Greco che al cieco nato dedica ben tre tele sostanzialmente simili, ma con delle varianti estremamente significative.
El Greco è soprannome spagnolo che denuncia l’origine cretese dell’artista il cui vero nome era Domenikos Theotokopoulos. Domenikos, dall’isola natale, si trasferisce a Venezia attorno al 1567, ha 26 anni ed già pittore di qualità. L’anno prima era salito al soglio pontificio Pio V e tutta la Chiesa era pervasa dal desiderio di riscattarsi dalla tremenda scissione con la Chiesa protestante, attraverso un processo di purificazione di sé e del mondo che El Greco registrerà puntualmente in alcune sue tele. Il soprannome gli viene dal suo trasferimento a Toledo, città che (accanto alla Venezia di Tiziano) segnerà fortemente il suo percorso artistico. Giunge a Toledo attorno al 1576 (prima sosta nella città di Madrid) dopo un soggiorno di circa due anni a Roma dal 1570 al 1572, e un periodo a Caprarola per adempiere a una commissione.
In questi anni di grande trasformazione per l’attività artistica di Domenikos si collocano le tre tele sul cieco nato.
In ciascuna delle tre tele l’episodio narrato conosce una scansione di tre tempi, come l’evangelista Giovanni che racconta l’episodio in tre scene:
una prima scena con Gesù presente di fronte al cieco nato.
Una seconda dove Gesù è assente e il miracolato discute con conoscenti e farisei.
Una terza che vede ancora Gesù presente che conduce il miracolato alla fede e rivela ai capi la loro cecità. Ad ogni scena corrisponde un titolo con il progressivo rivelarsi di Gesù: uomo, profeta, Signore. Il tutto si attua nella cornice liturgica della festa delle Capanne.
In questa festa gli ebrei dormivano all’aperto per rievocare il soggiorno dei padri nel deserto durante l’esodo. Si accendevano fuochi e anche nel tempio ardevano grandi lampade a ricordo di quel viaggio in cui la fiaccola ardente di JHWH accompagnava il cammino del popolo. Si rievocava anche il miracolo dell’acqua scaturita dalla roccia. Per questo la piscina di Siloe, il cui nome significa - come dice non certo casualmente il testo giovanneo- Inviato, era uno dei luoghi privilegiati per le celebrazioni delle Capanne. Questa vasca si riteneva collegata alla sorgente di Ghicon mediante una galleria, le sue acque erano ritenute miracolose. La guarigione del cieco avviene poi in giorno di sabato. Tali elementi permettono a Gesù di rivelare la sua identità Egli è la luce del mondo. Egli è la via (l’Inviato del Padre) La verità (la luce) e la vita (l’acqua). Egli è Signore del Sabato.
La prima tela di El Greco che ritrae l’episodio, si trova ora a Dresda gli studiosi la datano attorno al 1567, quindi all’inizio del suo soggiorno veneziano. L’artista che, nella sua isola natale, si era formato alla scuola dell’arte delle Icone, scopre a Venezia le grandi visione sceniche del Tintoretto e ne resta affascinato.
In questa tela l’incontro fra Cristo e il cieco è collocato sul lato sinistro e la piscina di Siloe è posta in primo piano, ben evidente. Non così, come vedremo, nella tela ora a Parma, dove la piscina è ormai alle spalle. Gesù, infatti, è il vero Inviato: se anche si oppone al sabato, egli però non si oppone al cammino di obbedienza cui vincola la tradizione. Infatti non guarisce direttamente il cieco, ma lo manda all’acqua della piscina. Solo dopo questo gesto il cieco torna guarito. Nella tela di Dresda, accanto alla piscina, in primo piano c’è un cane, simbolo di fedeltà. Cristo guarisce di sabato non per una volontà esplicita di trasgressione, ma per una profonda fedeltà al precetto stesso del sabato che riguardava la salvezza persona dell’uomo, di cui la guarigione fisica è segno e promessa.
L’agitazione generale che coglie i presenti dice bene il clima che El Greco dovette respirare a Venezia, una città che aveva stretti contatti con le comunità tedesche, scosse dalla questione Luterana. Un clima simile registra Giovanni: di fronte alla certezza di un miracolo si nega l’evidenza e ci si appella a questioni giuridiche, impedendo ai semplici di vedere il passaggio della grazia.