"Lontano dal pianeta silenzioso" 7 - Lewis e Pascoli: la pecorella smarrita
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Lewis e Pascoli: la pecorella smarrita
Ma vi è una sorprendente scoperta che ci colpisce perlustrando la storia della letteratura: la Terra come pianeta silenzioso, anzi come “pecorella smarrita” era stata cantata da Giovanni Pascoli in un poemetto della sua “poesia cosmica” nel 1909!
L’inizio è quasi liturgico e ci trasporta nel periodo dell’Avvento, nell’imminenza del Natale: un frate si alza prima dell’alba ed esce nella limpida notte invernale contemplando lo sfolgorio delle stelle
Era il dì del Signore, era l’avvento.
Spariva sotto i baratri profondi
colmi di stelle il tacito convento.
- Mucchi di stelle, grappoli di mondi,
nebbie di cosmi…
In quella immensa polvere di luce
splendeano, occhi di draghi e di leoni,
Vega, Deneb, Aldebaran, Polluce...
E il frate udì, fissando i milïoni
d’astri, il vagito d’un agnello sperso
là tra le grandi costellazïoni
nella profondità dell’Universo...
Il frate si interroga sulla piccolezza della Terra nell’immensità del cosmo:
E il dubbio entrò nel cuore tristo e pio.
«Che sei tu, Terra, perché in te si sveli
tutto il mistero, e vi s’incarni Dio?
O Terra, l’uno tu non sei, che i Cieli
sian l’altro! Non, del tuo Signor, sei l’orto
con astri a fiori, e lunghi sguardi a steli!
Noi ti sappiamo. Non sei, Terra, il porto
del mare in cui gli eterni astri si cullano...
un astro sei, senza più luce, morto:
foglia secca d’un gruppo cui trastulla
il vento eterno in mezzo all’infinito:
scheggia, grano, favilla, atomo, nulla!»
Incontra poi sul suo cammino dei pastori coi loro greggi, e subito gli si affaccia un paragone, e ricorda la parabola evangelica della pecorella smarrita:
E il frate al suono dell’agreste canna
ripensò quelle tante pecorelle
che il pastor buono non di lor s’affanna:
tra i fuochi accesi stanno in pace, quelle,
sicure là su la montagna bruna;
e il pastor buono al lume delle stelle
quaggiù ne cerca intanto una, sol una...
E’ la Terra il “pianeta silenzioso”, la pecorella smarrita; ma proprio per questo Dio si è fatto uomo sulla Terra, e non altrove!
«Sei tu quell’una, tu quell’una, o Terra!
Sola, del santo monte, ove s’uccida,
dove sia l’odio, dove sia la guerra;
dove di tristi lagrime s’intrida
il pan di vita! Tu non sei che pianto
versato in vano! Sangue sei, che grida!
E tu volesti Dio per te soltanto:
volesti che scendesse sconosciuto
nell’alta notte dal suo monte santo.
Tu lo volesti in forma d’un tuo bruto
dal mal pensiero: e in una croce infame
l’alzasti in vista del suo cielo muto».
In cielo e in terra tremulo uno sciame
era di luci. Andavano al lamento
della zampogna, e fasci avean di strame.
Ma il frate, andando, con un pio sgomento
toccava appena la rea terra, appena
guardava il folgorìo del firmamento:
quella nebbia di mondi, quella rena
di Soli sparsi intorno alla Polare
dentro la solitudine serena.
Ognun dei Soli nel tranquillo andare
traeva seco i placidi pianeti
come famiglie intorno al focolare:
oh! tutti savi, tutti buoni, queti,
persino ignari, colassù, del male,
che no, non s’ama, anche se niun lo vieti.
Sonava la zampogna pastorale.
E Dio scendea la cerula pendice
cercando in fondo dell’abisso astrale
la Terra, sola rea, sola infelice. (22)
Non contro la scienza ma contro lo scientismo
Mille altre cose si potrebbero dire sul romanzo di Lewis; il tema della critica dello scientismo in esso contenuta è stato sviluppato magistralmente da A. Scacco nel citato articolo (cfr. nota 12); ad esso si può aggiungere che Lewis stesso si espose su questo tema nella “Risposta al Professor Haldane”; vi si dice: “Se qualcuno dei miei romanzi poteva essere plausibilmente accusato di essere un libello contro gli scienziati, questo sarebbe “Out of the Silent Planet”, che certamente attacca, se non gli scienziati, pur tuttavia qualcosa che si potrebbe chiamare “scientismo” – un certo panorama sul mondo che è casualmente connesso con la volgarizzazione delle scienze, sebbene ciò sia molto meno comune tra i veri scienziati che tra i loro lettori. E’, in breve, la credenza che il supremo fine morale è il perpetuarsi della nostra specie e che questo va perseguito anche se, nel processo di adattamento per sopravvivere, la nostra specie deve spogliarsi di tutte quelle cose per le quali la stimiamo – compassione, felicità e libertà” (23).
Ma su questo tema molte sorprese ci attendono nel secondo romanzo della Trilogia: Perelandra.
NOTE
22. GIOVANNI PASCOLI, La pecorella smarrita, in Nuovi Poemetti, 1909.
23. C. S. LEWIS, “Una risposta al professor Haldane”, in “Altri mondi”, Op. cit., pag. 128.