Da marxista mi astengo
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E’ apparsa sul settimanale TEMPI del 2 giugno la lettera di Fabio Cavallari, marxista per l’astensione. Mi piace farvela conoscere, perché appare chiaro come nella scelta di astenersi non vi sia il desiderio di difendere un’idea religiosa, ma di difendere la ragione.
Vale la pena di leggere questa lettera, anche come spunto di riflessione su una cultura che è diventata un appropriarsi di slogan, ignorando quelli che Cavallari chiama “i propri padri elitari”, ignorando la capacità di confronto, il desiderio di ascoltare chi non la pensa come noi, consapevoli che nel confronto onesto e non demagogico vi è sempre spazio per una crescita personale.
Carissimo Luigi,
Se il referendum sulla fecondazione assistita si fosse svolto tre anni fa, con molta probabilità avrei votato sì, senza neppure preoccuparmi dei risvolti collegati a questa scelta. Nella babele progressista, una sorta di oscuramento celebrale s’impadronisce di militanti e affini. Non è ideologia, almeno lo fosse! E’ semplice annullamento concettuale. Non esiste neppure una mano superiore che istruisce, coordina o legittima questa o quella scelta. Per intenderci, nessun grande fratello guida i pellegrini! La perversa dinamica che sodomizza il popolo “sinistro”, si chiama azzeramento culturale. Questo malefico meccanismo, non risparmia niente e nessuno. Non siamo in presenza dello stalinismo che annulla diversità e culture contrapposte per far prevalere la propria visione (distorta) della vita e della storia. No. Anche le culture identitarie, le basi che dovrebbero sorreggere il pensiero (di parte) delle nuove politiche progressiste sono completamente triturate dal mito della modernità e della governabilità ad ogni costo. Così, non solo le radici cristiane dell’Europa vengono gettale alle ortiche ma anche il pensiero marxista e gramsciano, subisce la stessa sorte. Tre anni fa avrei votato sì sul referendum del 12 e del 13 giugno. Oggi, propendo per l’astensione. Confesso di operare una scelta pur in presenza di dubbi, ma è l’unica che ritengo possa nobilmente chiamarsi concretamente “di sinistra”. Mi astengo, senza per questo dover svelare una mia conversione. Rimango fermamente marxista e non credente ma in onore alla ragione non posso procedere per binari prestabiliti. Tempi ha svolto un ruolo maièutico, mi ha messo nelle condizioni non solo di scrivere, ma di ritrovarmi costretto ad allargare il campo d’osservazione. Questa sulla fecondazione non è una battaglia tra cattolici e laici ma è una sfida della razionalità. Giuliano Ferrara ha lanciato il guanto, si è inoltrato nell’impervia ed antirelativista scommessa dell’identità culturale. Non è necessario essere foglianti o ciellini per dover essere costretti ad ammettere che nel desolato e paludoso panorama del pensiero unico, gli oscurantisti sono oggi coloro che dicono sì. Sono loro che hanno paura delle battaglie culturali e che devono trovare ad ogni costo un’etichetta per assopire i loro dubbi. Per Tempi l’accostamento con Cl diventa obbligato e per Il Foglio l’accusa di vetero clericalismo è la più facile delle insinuazioni. Eppure come non intravedere nelle battaglie culturali (anche quelle che non convincono) l’humus della politica? Come non riconoscere nella cultura una possibilità disalienante per l’uomo? E’ esattamente attraverso l’appropriazione della cultura che l’uomo può farsi tale. La cultura è presa di coscienza di sé, del contesto sociale e storico nel quale si è inseriti. Senza la stessa è impossibile comprendere valore storico, funzione sociale, diritti e doveri. Discutendo con alcuni compagni ho trovato risposte frettolose scopiazzate da qualche spot referendario: “Voto sì per la libertà”. Basterebbe rileggersi Marx per comprendere che è un’abiura parlare di libertà in questi termini. Visto però che è troppo faticoso si preferisce concedere il cervello alla modernità delle belle parole. Non pretendo che tutti si appassionino, come il sottoscritto, ad un’omelia del Prof. Ratzinger riportata sul Foglio, ma perlomeno si abbia l’acume ed il pudore di leggere i propri padri identitari! Assicuro che sarebbe un’operazione intelligente, assolutamente imparagonabile con le ignobili cialtronerie pubblicate in questi giorni. Come quelle di Margherita Hack (Liberazione del 24 maggio) che prima afferma di votare sì, perché lei crede nella vita e subito dopo plaude alla clonazione coreana e ci spiega che se si nega la fecondazione eterologa allora si deve vietare anche l’adozione. Mi astengo contro questa scienza e contro questa scemenza. In onore della ragione.
Un abbraccio
Fabio Cavallari